ARTROSI
Parliamo di artrosi quando siamo in presenza di una patologia articolare evolutiva, che prende avvio dalla cartilagine per poi coinvolgere altri componenti dell’articolazione; l’insorgenza media è intorno ai 40 anni nell’uomo e dopo i 55 nella donna.
L’artrosi trova essenzialmente la sua localizzazione soprattutto nella articolazioni di carico, e trovano come bersaglio iniziale principale le mani, ma possono svilupparsi anche nella articolazione coxofemorale (dell’anca), nella rachide cervicale e lombare, oltre che nel gomito, nella caviglia e nel ginocchio.
Principalmente questa patologia si suddivide in primitiva e secondaria; l’a.primitiva grava su articolazioni normali, senza che vengano riscontrate particolari cause meccaniche o biologiche tali da giustificare il processo degenerativo; l’a.secondaria è invece legata a patologie responsabili dell’alterazione meccanica o biologica dell’articolazione particolarmente incidenti sulla cartilagine; tra queste ultime sono annoverate le deformità assiali degli arti, sia congenite che acquisite in conseguenza di fratture o alterazioni vascolari epifisarie, le malattie congenite o dell’accrescimento, le malattie infiammatorie e infettive dell’articolazione, alcune malattie endocrine, come anche le neuropatie periferiche e le instabilità a carattere post traumatico; una menzione a parte merita inoltre l’obesità, non di rado responsabile dello sviluppo e/o aggravamento dell’artrosi sia primaria che secondaria.
Sintomi ricorrenti:
- Dolore
- Idrartro (versamento sieroso)
- Rigidità articolare
- Osteofiti
- Eventuale deformità articolari (se aggravatasi nel tempo)
Il trattamento è vario a seconda della gravità della malattia:
terapia farmacologica:
Prevede l’uso degli anti infiammatori non steroidei (FANS), anche se il loro effetto è temporaneo e l’uso deve essere limitato alle fasi di riacutizzazione della malattia, in associazione eventualmente con idonei gastroprotettori ; controverso è il ricorso all’acido ialuronico anche se è dimostrato agire sulla sintomatologia dolorosa; le infiltrazioni cortisoniche risultano essere più efficaci, anche se da somministrare a cicli di due/tre per non causare ulteriori danni cartilaginei.
Terapia fisica e riabilitazione:
Indicata in questi casi è la cinesiterapia sia attiva che passiva , essenzialmente per limitare l’ipotrofia muscolare ed eventuali contratture dolorose capaci di fissare le articolazioni in posizioni non funzionali; se parliamo del rachide è opportuno mobilizzare le articolazioni oggetto della patologia e implementare il trofismo dei muscoli paravertebrali e addominali, lavorando al contempo sulla postura.
Trattamento chirurgico:
In caso di aggravamento della malattia è possibile il ricorso ad interventi mirati (artroplastiche, innesti osteocondrali, Osteotomie etc) da valutare caso per caso, a seconda delle caratteristiche della patologia e della sua localizzazione.